Davide Lazzari

Davide Lazzari

DAVIDE LAZZARI

Soldati di Capriano del Colle: “La nobiltà del vino è proprio questa: che non è mai un oggetto staccato e astratto, che possa essere giudicato bevendo un bicchiere, o due o tre, di una bottiglia che viene da un luogo dove non siamo mai stati.” (Mario Soldati, Vino al Vino, 2006) 

Durante i miei anni al Liceo Calini, dal 2003 al 2007, nel periodo delle vacanze estive ero costretto, come tutti i figli di vignaioli, ad aiutare negli impegnativi lavori in vigna. Da adolescente non avevo alcuna idea di quello che rappresentasse il mondo del vino per Capriano del Colle, territorio che ospita l’omonima Denominazione di Origine Controllata e la nostra famiglia da quattro generazioni. Lo facevo perché costretto e questo mi fece mal sopportare questo lavoro. 

 

D’altronde mi iscrissi al Calini perché ero affascinato dall’idea che la matematica, la chimica, la fisica, la biologia, fossero scienze esatte, estremamente razionali e precise. Qualsiasi teoria riguardante queste materie non andava discussa dialetticamente, ma esclusivamente comprovata con dati, numeri e calcoli incontestabili. 

 

In partenza infatti, faticavo a tollerare le materie umanistiche rispetto a quelle matematiche, cosa che non fece di me un grande studente. Nel corso dei primi anni infatti ho goduto di ottimi rendimenti proprio nelle materie scientifiche a scapito delle altre. 

 

Il quinto anno però è stato quello che ha segnato in me diversi cambiamenti. Un cambiamento personale è riferito alla scoperta di un legame profondo con una quinquennale amica, confidente e compagna di classe, Anna, ancora oggi mia compagna di vita con cui ho avuto una bellissima bimba, Bianca, un paio di anni fa. Per una sfida giocosa con Anna, con cui ho condiviso la rappresentanza di classe quell’ultimo anno di liceo, mi sono anche candidato al Direttivo Studentesco per il quale sono poi stato eletto. Quella fu la prima esperienza che mi permise di vedere e apprendere le diverse interpretazioni del mondo (in quel caso del mondo-scuola) di ogni singolo individuo, che riunite creano la complessità sociale degli interessi individuali. Come membro del Direttivo infatti, non potevo più limitarmi alla mia singola ed egoistica visione, ma ero costretto, proprio per il ruolo, a calarmi nei panni degli studenti, degli insegnanti e della dirigenza scolastica per comprendere meglio le necessità del piccolo, ma complesso, ecosistema Calini. Questo mi ha portato poi, negli anni successivi, ad accettare incarichi, anche dirigenziali, in diverse realtà sindacali, di associazionismo e di volontariato. 

 

Un altro cambiamento che ha segnato il mio quinto anno di liceo invece mi ha allontanato dalla precisione delle materie scientifiche per farmi affascinare dallo sviluppo del pensiero tramite il confronto dialettico e di come diverse condizioni ambientali e sociali influenzino le idee e le convinzioni dei singoli, riunite poi collettivamente in quello che può essere definito il concetto di “cultura”. Non è un cambiamento partito dal nulla, ma la scintilla è stata di certo il metodo di insegnamento del nostro professore di filosofia. 

A dimostrazione del ruolo fondamentale dell’insegnante, l’approccio del professor Cappello alla filosofia era molto orientato alla discussione, tanto da spingermi ad anticipare, rispetto al programma scolastico, lo studio del pensiero di altri filosofi in modo da avere del materiale con cui controbattere il pensiero di quelli affrontati a lezione. 

 

Con il diploma mi sono trovato a scegliere il proseguo del mio percorso di studi verso l’università. Ovviamente fui molto tentato dallo studio della filosofia, ma mi feci convincere che sarebbe stato utile un percorso più concreto. Mi iscrissi a Economia, cosciente di poterla affrontare con il residuo fascino per la matematica, con l’interesse rivolto a essa da molti filosofi (che affrontarono discorsi rivolti alle teorie economiche) e da come questa materia influenzi molte dinamiche sociali. 

Nonostante tutto, solo una cosa avevo ben chiara nella mia vita: di non voler fare il vignaiolo. 

Però una serie di circostanze e di obblighi dettati dalla famiglia mi fecero continuare, nel tempo libero dalle lezioni universitarie, ad aiutare nelle piccole e residuali operazioni necessarie alla vita della cantina, prima con un minimo di gestione di ufficio, poi concretizzando la necessità di iniziare a proporre i vini prodotti. 

 

La mia epifania personale avviene proprio nell’aprile 2010, quando proponendo i vini al primo ristoratore che mi venne consigliato, egli non volle saperne di assaggiarli solo perché erano prodotti a Capriano del Colle, senza considerare il lavoro che era stato fatto per produrli e ciò che rappresentavano: un insieme di persone che abitano la collina del Montenetto e il prodotto con cui esse si riconoscono e ne vengono identificati gli usi, i costumi, le tradizioni, la storia e i modi di fare che per anni hanno fatto parte della mia vita da abitante di Capriano del Colle. In quel momento ho capito che sarei stato un soldato di Capriano del Colle, che mi sarei battuto per difendere quello che rappresenta anche me stesso: un angolo di terra che per ambiente, microclima e conformazione geografica ha sviluppato una cultura, e una conseguente coltura, uniche, molto identificative e impossibili da replicare altrove che stavano scomparendo a causa dello sviluppo del mercato vinicolo che avvantaggia le grandi denominazioni, le quali invece hanno la capacità economica di effettuare grossi investimenti in comunicazione. 

Questo perché il territorio è sempre stato molto legato a una produzione di autoconsumo famigliare. Come è stato per secoli, così è rimasto, salvo qualche sparuto caso di tentato sviluppo che comunque faticava a decollare. 

 

Con l’inizio di questo lavoro ho iniziato ad apprezzare e scoprire anche tutte quelle altre piccole produzioni e identità culturali che spesso non hanno le spalle per riuscire a sopravvivere all’evolversi del mercato. Oltre al vignaiolo ho quindi iniziato ad occuparmi anche di associazionismo e rappresentanza in diverse organizzazioni per le quali, forte della prima esperienza come membro del Direttivo Studentesco, mi sono occupato di coordinamento delle attività e di rappresentanza verso le istituzioni provinciali e regionali, oltre alla partecipazione a numerosi convegni e tavoli di lavoro. 

Sono stato eletto come Fiduciario per Slow Food, (associazione che si occupa di educazione, mantenimento di produzioni alimentari in via di estinzione e diritto al cibo nel mondo) per la condotta Slow Food Bassa Bresciana dal 2014 al 2018, oggi confluita nella condotta provinciale Slow Food Terre Acque Bresciane, di cui sono ancora socio. 

Sono stato vicepresidente dal 2013 al 2016, e sono attualmente consigliere, della Strada del Vino e dei Sapori Colli dei Longobardi (che si occupa della valorizzazione, principalmente turistica, della città di Brescia - grande perla ancora da scoprire per molti e spesso declassata a “città industriale” - e dei sui territori limitrofi, tra cui Capriano del Colle appunto). 

Dal 2023 sono presidente della sezione Capriano del Colle di Coldiretti (la maggiore associazione agricola italiana che si occupa sindacalmente di tutelare i diritti degli agricoltori), consigliere in Coldiretti Brescia dal 2018 e sono stato presidente di Coldiretti Giovani Impresa Brescia (sotto-associazione di Coldiretti che si occupa di inserimento, tutela, formazione e rappresentanza dei giovani in agricoltura) dal 2018 al 2023. 

Sono consigliere dal 2019 del Parco Agricolo Regionale Monte Netto, ente istituzionale che si occupa della tutela, salvaguardia ambientale e promozione del territorio della collina di Capriano del Colle. 

Sono vicepresidente del Consorzio Vini Montenetto dal 2013 (ente principale e di riferimento ministeriale che si occupa di tutela e promozione dei vini Capriano del Colle DOC). Oggi l’attività della cantina di famiglia, a marchio Lazzari, è estremamente orientata al mantenimento dell’identità territoriale. 

 

Un soldato di Capriano del Colle non usa la spada, ma l’identità e la riconoscibilità del prodotto tradizionale della propria terra di origine. Infatti, la caratterizzazione dei vini su un territorio passa principalmente da cinque diversi fattori, comunemente definiti “terroir”. Essi sono: la psicologia e il modo di pensare del vignaiolo, il microclima, il vitigno utilizzato, il suolo coltivato e la cultura territoriale. 

È necessario quindi, per tutelare un’identità, affrontare tutti questi fattori. 

Se il pensiero del vignaiolo è già dato dal suo vissuto e il microclima cala fisicamente dall’alto, per quanto riguarda i vitigni utilizzati abbiamo intrapreso delle attività di recupero di varietà di uva in via di estinzione partendo da degli scritti rinascimentali dell’agronomo bresciano Agostino Gallo e collaborando con la facoltà di agraria dell’Università degli Studi di Milano, scoprendo delle varietà locali del vitigno Marzemino, portato qui dalla Serenissima durante il proprio dominio e che nei secoli ha sviluppato delle varianti (o biotipi) che esistono solo a Capriano del Colle. 

Nel frattempo stiamo proseguendo degli studi su altri vitigni in collaborazione con altri centri di ricerca nazionali. 

Per quanto riguarda l’identità di suolo invece applichiamo un approccio razionale ed empirico (in ricordo dell’amore per la precisione dell’approccio scientifico che mi fecero iscrivere al Liceo Calini), nonostante il fine romantico di salvaguardia culturale di Capriano del Colle. In particolare, collaborando con alcuni centri di ricerca (tra cui Agronomi SATA e Fondazione MACC San Michele All’Adige), si sperimentano diverse tecniche agronomiche, la prima è stata l’applicazione dell’Agricoltura Biologica certificata, a cui seguono delle analisi dei suoli, col fine di incentivare la biodiversità microbica dei suoli. I terreni che permettono e incentivano la riproduzione della naturale sostanza organica ottengono una maggiore caratterizzazione dei vini prodotti incentivandone il legame col suolo di origine. Da qui la necessità di sviluppare una viticoltura sempre più sostenibile che nel contempo tuteli ambientalmente il territorio. 

 

La cultura di territorio invece arriva dalla storia e dalle persone che la vivono. Oltre alla ricerca storica documentale negli archivi locali (nella Parrocchia di Capriano del Colle, ad esempio, ho ripagato a caro prezzo la mia reticenza verso gli studi della lingua latina dei primi anni di Calini), ritengo che la cantina non possa essere un’isola felice all’interno di un territorio socialmente degradato, ma che essa viva in simbiosi con gli stessi abitanti di Capriano del Colle, che sono i portatori fisici dell’identità culturale territoriale. Per questo motivo la tutela territoriale non deve essere solo ambientale, ma anche sociale. 

 

Gran parte delle vigne sul Montenetto sono ancora orientate all’autoconsumo famigliare, ma non appena gli anziani ne abbandonano la coltivazione per impedimenti fisici dettati dall'età, oltre a recuperare questi piccoli appezzamenti, proponiamo loro di far parte della nostra squadra di vendemmiatori. Oggi quindi abbiamo dodici vendemmiatori, tutti anziani di Capriano del Colle, che, partecipando alle attività di vendemmia, si sentono ancora inclusi in un processo che fa parte di loro fin da quando sono nati. In questo modo si mantengono vivi mentalmente ed emotivamente e nel contempo manteniamo viva una tradizione plurisecolare. Questa vendemmia è sicuramente più lenta, ma rappresenta ancora un momento di festa che include la classica tavolata del pranzo col vino. 

La vendemmia che affrontiamo, soprattutto per la stagionalità del lavoro, non permette di ottenere un sostentamento economico annuale ai vendemmiatori che vi partecipano, ma quando ci viene richiesto includiamo chiunque ne abbia bisogno. In passato ci è capitato di includere persone disoccupate o con difficoltà lavorative, di diverse età e provenienza geografica, studenti universitari che cercavano un modo per pagarsi parte degli studi e un giovane ragazzo agli arresti domiciliari (per legge, il lavoro è l’unico motivo di deroga a questa pena), la cui reazione all’assunzione mi ha riempito il cuore di gioia, sentendosi di nuovo utile in qualche modo e non emarginato da degli errori commessi in passato. 

 

Questo approccio all’identità di territorio ci ha permesso di ottenere diversi riconoscimenti enologici sui vini prodotti, primi fra tutti: il miglior vino rosso d’Italia sulla guida Golosario Gatti-Massobrio nel 2018 e il primo Tre Bicchieri Gambero Rosso per la DOC Capriano del Colle nel 2023. Questo ultimo riconoscimento è considerato dalla maggior parte degli addetti al settore il premio più importante per un vino in Italia ed era uno degli obiettivi che sognavamo di raggiungere proprio per dimostrare che Capriano del Colle ha il potenziale per proporre vini meritevoli della migliore enologia italiana. 

Personalmente invece, per l’approccio di salvaguardia olistica di Capriano del Colle, sono stato insignito del Premio regionale Oscar Green 2018 di Coldiretti, per gli studi sul recupero delle varietà locali, del Premio Pastori 2018 della Fondazione IAR per gli studi sulla sostenibilità in viticoltura e il premio Angelo Betti come vignaiolo dell’anno per regione Lombardia al Vinitaly 2023 per gli effetti che l’attività vinicola sta avendo sullo sviluppo dell'intero territorio del Montenetto, dei suoi comuni (Capriano del Colle, Poncarale e Flero) e sulla vita dei suoi abitanti. Probabilmente questo è il riconoscimento più importante, anche rispetto a quelli enologici, perché fa riferimento esattamente al sogno di salvaguardia complessiva dell’identità culturale e ambientale del territorio di Capriano del Colle.