Laura Novati

Laura Novati

PROF.SSA  LAURA NOVATI

Ex docente del Liceo A. Calini

 

Il 1° dicembre [2021] è morta Laura Novati. Soffriva da tempo di una malattia che pareva sotto controllo, ma che nelle ultime settimane è riaffiorata con violenza. Ancora il 3 novembre aveva tenuto all’Ateneo di Brescia una lezione su Ezra Pound e Dante: splendida, come sempre le sue, per serietà, originalità e intelligenza. Aveva programmato il concerto, cui non ha potuto partecipare perché in condizioni ormai gravi, che ha avuto luogo il 27 novembre nella chiesa di San Cristo, retta dai padri saveriani, con i quali aveva un rapporto di operosa collaborazione. L’aveva ideato per ricordare, a un anno dalla scomparsa, il fratello Mario, medico colto e franco, generoso e anticonformista.

Non conosco, tra i suoi e miei coetanei, una figura di intellettuale così completo per vastità di interessi, profondità di cultura e militanza civile. Nata nel 1943, aveva studiato all’Arnaldo, dove fu allieva di Mario Cassa, con cui dialogò a lungo. Frequentò la Cattolica di Milano laureandosi in Lettere; aveva le doti per far carriera in università, ma era attratta da una cultura più vivace ed eclettica. A Brescia fu attiva nel Circolo del cinema, vera palestra di formazione intellettuale, e apprezzata docente al Liceo Calini. Il destino, crudele con lei, le face morire, ancora piccolo, l’unico figlio. Come baricentro del suo impegno scelse Milano: lì diresse il «Giornale delle librerie» e collaborò con molte case editrici, soprattutto con la Libri Scheiwiller, che dopo la morte di Vanni, lei alimentò a lungo con le sue idee e la sua laboriosità. Si prodigò per «Biblia», l’associazione aconfessionale che si batte per la conoscenza della Sacra scrittura.

Da qualche anno, chiusa la casa di Milano, era tornata a Brescia per essere vicina ai due fratelli e alle loro famiglie. Altri suoi luoghi d’elezione erano la casa avita in Valtellina e il buen retiro estivo di Stromboli. Il suo volto, bello e luminoso, era specchio di un animo fermo e dolce, di un carattere, disposto alla critica franca come alla collaborazione costruttiva. Leggeva molto, senza seguire la voga, e giudicando con spirito libero. Parte della sua ricca e qualificata biblioteca l’ha donata alla Queriniana. Ma ciò che lei ha donato sta in gran parte fuori dei libri, letti o scritti: sta nelle tante iniziative promosse e attuate, nelle avvincenti lezioni e conferenze, negli stimoli, nell’aiuto e nell’amicizia elargita a tanti. Bastano alcuni libri a garantirle un posto di prim’ordine nella cultura. Della settantina di volumi da lei scritti o curati, ricordo almeno i più vicini ai miei interessi. Il centoromanzi dell’Ottocento (Rizzoli 1990) non è uno strumento di consultazione, ma una raccolta di densi micro-saggi, ciascuno dei quali offre un’interpretazione originale dei capolavori di quel secolo. La Bibbia di Leopardi (Claudiana 2015) apre uno scenario nuovo e insospettato nella pur nutrita bibliografia critica sul poeta dei Canti.

La figura cui Laura dedicò uno strenuo e appassionato lavoro fu Vanni Scheiwiller, il più meritevole editore di poesia del Novecento. Da decenni gli studiosi attendevano un catalogo degli innumerevoli e spesso introvabili libri-farfalla, come li chiamò Montale, e Laura riuscì in questa titanica impresa, regalandoci uno strumento davvero prezioso (Unicopli 2013). Realizzò il convegno Vanni Scheiwiller editore milanese, nel ventennale della sua morte (2019), i cui atti sono accessibili in rete. Completava così la revisione del profilo di Vanni da lei avviata aggiungendo all’immagine corrente del raffinato editore di colorati libriccini quella di un intellettuale coraggioso e indipendente. Due epiteti che spettano a pieno titolo anche a Laura Novati.

 

(Pietro Gibellini, articolo del “Corriere della Sera – Brescia” del 2 dicembre 2021)





















Un’intellettuale – questo fu Laura Novati. In rete le notizie su di lei riguardano la sua

attività editoriale e culturale, come scrittrice, traduttrice, saggista. Noi della III A, Sezione

sperimentale, la ricordiamo invece come professoressa di lettere, che con grande carisma,

ironia e stupefacenti conoscenze ci guidò alla scoperta di Dante, Petrarca, Boccaccio. Fu

nostra insegnante solo per un anno, nel 1981 lasciò la scuola per la grande editoria, ma non

senza avere sconcertato una classe di adolescenti con il valore della cultura, l’amore per la

letteratura, la forza della curiosità intellettuale.

Bello, vero? Quanti possono dire di avere avuto insegnanti di lettere che meritano di essere

definiti strabilianti? Eppure, furono mesi durissimi, per coloro che quell’anno sedevano tra

i banchi. La professoressa Novati dava molto di più di quanto di quanto potesse essere

recepito e compreso da chi aveva sedici anni. Era una specie di waterboarding concettuale

e culturale. Certo, ci fece leggere la decima novella della Terza giornata del Decameron

(non dite che non la ricordate – impossibile dimenticarla; ammettete piuttosto che non ve

l’hanno fatta leggere, e domandatevi perché), ma non ci risparmiava. Tra ironia e

sarcasmo, ci faceva sentire quello che eravamo: ignoranti e non troppo volenterosi. Uno di

noi aveva trascritto in un quadernino (spero fosse un Moleskine – nulla di meno sarebbe

stato degno per registrare le sue parole) le espressioni giocoso-ingiuriose con cui

apostrofava noi poveri di spirito. “Come i maiali si rotolano spensierati nel loro sterco, voi

vivete felici nella vostra ignoranza”. Da lei, per la prima volta, sentii l’espressione:

“stendere un velo pietoso”. A me insegnò la spavalderia: “è chiaro che non hai studiato, ma

metti da parte quell’espressione di pecora condotta al macello e usa il cervello”. Quella

volta finii al macello (non è che avevate dubbi, vero?), ma in seguito capii che si può

camuffare un’imperfetta preparazione (imperfetta, non esile, scarsa o inesistente: in tal

caso, non si camuffa un bel niente e si finisce al macello). E per tornare ai suini, non poche

volte rimarcò che talvolta aveva l’impressione di gettare le perle ai porci.

Ma che perle! magnifiche e per sempre (come i diamanti). A maggio 1981 ci portò a

Venezia, a Palazzo Grassi, in visita alla grande mostra dedicata all’intera carriera artistica

di Pablo Picasso. All’uscita, dopo averla ascoltata mentre guardavamo quelle opere,

avremmo capito perché Picasso è stato uno dei più grandi artisti del Novecento.

A settembre 1981 tornammo al Calini, classe IV, e scoprimmo che aveva cambiato lavoro.

Qualcuno parve contento, ma ci fu chi si sentì abbandonato. Chissà dove è finito quel

quadernino?

 

(Una testimonianza di Marco Segala, ex alunno di Laura Novati)