Carlo Arduino

Carlo Arduino

PROF. CARLO ARDUINO

(Lettere italiane e latine dal 1933 al 1936)

 

Nacque a Torino il 29 novembre 1894, dove, a soli cinque anni, rimase orfano di padre. Seguì allora con la madre il fratello Ettore a Brescia, di lui maggiore di ben diciotto anni, che a quel tempo era stato da poco nominato ordinario di diritto, economia politica e scienza delle finanze all'Istituto tecnico commerciale per ragionieri della nostra città. Fu il fratello Ettore, presto affermatosi come avvocato civilista, ad avviarlo agli studi, facendogli frequentare il Liceo Ginnasio Arnaldo, da dove uscì nel 1912 con voti brillantissimi.

Nel 1916 si laureò in lettere con il massimo dei voti e la lode, e subito si dedicò all'insegnamento. Qualche anno dopo vinse un concorso a cattedra negli Istituti tecnici commerciali ed ebbe la nomina al Ballini, proprio dove il fratello Ettore l'aveva preceduto come docente di discipline giuridiche.

Nel 1931 sostenne un nuovo concorso, che subito vinse, per l'insegnamento di materie letterarie nei Licei. In tale occasione si distinse in modo particolare, impressionando la commissione esaminatrice sia per le sue vaste conoscenze storico letterarie, sia per il modo in cui, in sede di prove orali, improvvisò una lezione avvalendosi delle sue straordinarie doti di oratore e di conferenziere.

L'oratoria fu un'arte che gli era innata. Innumerevoli inviti a commemorare Dante, Manzoni, Carducci, Pascoli, o personaggi minori spesso conosciuti soltanto da pochi iniziati o nei loro centri nativi, gli venivano rivolti da associazioni culturali della città, della provincia o di città vicine. Queste sue qualità di parlatore eloquente ed affascinante contribuirono non poco alla sua fama di insegnante indimenticabile. Teneva lezioni ardenti, ricche di sapienza e di passione, e la sua attitudine a discorrere, l'ottima dizione, la dovizia e la proprietà del suo linguaggio erano avvincenti. Generazioni di alunni che lo ebbero insegnante, rimanevano come magnetizzati durante le sue lezioni. Sapeva alternare momenti in cui i suoi occhi penetranti e la sua figura possente incutevano un terrore quasi paralizzante ad altri durante i quali consentiva pause distensive ed allegre, avendo anche il dono di prodursi in motti di spirito e in sottile satira, che se da un lato la realtà politica dell'epoca era la meno propensa ad apprezzare, dall'altro suscitavano nei giovani le prime timide riflessioni critiche.

Il prof. Arduino fu, negli anni tra il 1930 e il 1950, una sorta di istituzione nella scuola bresciana.

Così come irresistibile fu la sua eloquenza, che quasi da attore consumato sapeva saggiamente amministrare al servizio delle sue vaste conoscenze storico letterarie, altrettanto lo furono la sua attitudine ad intrattenere genitori ed alunni e le sue capacità di persuasione. Era in grado di suscitare nei più disparati uditori i sentimenti di affetto, di tranquillità, di paura, ma al termine del corso di studi prevaleva in lui la benevolenza nel giudizio scolastico.

Nel 1932-1933 lasciò il Ballini per il Liceo Classico di Belluno, ma già nel successivo anno scolastico 1933-1934 era di nuovo a Brescia, al Liceo Scientifico Calini.

Nel 1936, resasi inaspettatamente vacante la cattedra di italiano e latino al Liceo Arnaldo, ne divenne ordinario.

All'Arnaldo trascorse tutti gli anni della sua ancor lunga carriera, sino a quando il mattino del 13 ottobre 1955, a soli sessantun anni, mentre stava recandosi a scuola, venne colto da malore e in pochi minuti la trombosi cerebrale che l'aveva colpito gli procurò la morte, a pochi passi dal suo Liceo.

Era morto un uomo che avrebbe lasciato un'impronta della genialità e della personalità del suo modo di insegnare e il cui ricordo, a tanti anni dalla sua morte, in molti antichi alunni non è del tutto sopito.

Non pochi, infatti, tra quanti uscirono dal Ballini, dal Calini, dall'Arnaldo, per quel suo modo di intrattenere e la sua naturale affabilità che ispirava un'immediata simpatia, nel tempo mantennero con il loro professore rapporti di cordialità e di reciproca stima.

E costoro ricordano il suo calore umano, la sua natura irruente e passionale, e, negli ultimi anni della sua breve esistenza, la sua stanchezza, il suo nascosto ed incompreso bisogno d'amore, la sua solitudine. Ed essergli stati alunni, per molti, a tanti anni ormai dalla lontana giovinezza, continua ad essere quasi un vanto.

(Da memorie del figlio Dott. Arturo Federico).